L’imperativo è uno solo.

La ricerca estrema della linearità in risposta in frequenza e della neutralità.

Perché?

E’ l’unico modo di sentir suonare un’elettronica audio senza le colorazioni o equalizzazioni introdotte dalla corrente.

Insieme a ciò, bisogna ricostruire un palcoscenico coerente con la giusta spazialità e profondità e nello stesso tempo permettere di distinguere la posizione di ogni singolo componente dell’evento.

Tre fili (qualunque sia la purezza e la qualità) semplicemente twistati, racchiusi in uno schermo collegato a massa non ci riescono.

Bisogna ricorrere a ben altro.

Innanzitutto (che è fondamentale) bisogna fare in modo che sia lo stesso powercord a costituire la schermatura e per questo bisogna ricorrere ad una geometria.

Il Forrest, ognuno a modo suo, è costituito da uno sviluppo ad elica, la cui struttura (quindi passo e inviluppo) è tenuta fissa da dei tubi in vetroresina che ne fanno da scheletro portante. In questo modo è garantito un carico capacitivo opportuno e un controllo sul valore induttivo del conduttore risultante.

E’ questo il cuore del Forrest.

I vantaggi in termini puramente elettromagnetici sono enormi.

Viene innanzitutto contenuto su valori minimi l’effetto pelle, ma soprattutto vengono controllate in maniera eccellenti le correnti di circolo ed eventuali correnti parassite prodotte di solenoidi risultanti.

E la purezza del rame?

Sull’alimentazione a 220, l’intervento sulla struttura cristallina intima del conduttore porta esso stesso a diventare instabile dal punto di vista termodinamico. Se ciò è ininfluente per alimentare un qualunque elettrodomestico, si traduce in vistose grossolanità e voragini in risposta in frequenza dal punto di vista timbrico.

Il fatto più sconcertante che l’impiego di una geometria attentamente ingegnerizzata come nel caso del Forrest, rende questa cosa assolutamente inutile.

Quindi qualunque intervento sul rame, sulla estrema ricerca della purezza, i trattamenti cryo, se sono irrinunciabili su altre tipologie di cavo, sui Forrest diventa avvertibile ben al di sotto di soglie subsoniche.

Rimane altresì più determinante ai fini del risultato, l’impiego di un conduttore di quel tipo (e spesso fuori normative) nel caso di powercord dalla costruzione tradizionale (tre fili all’interno di uno schermo collegato a massa). In questo caso se la ricerca estrema dell’ultimo n di  purezza può portare al massimo ad una corretta risposta in frequenza, di fatto preclude all’elettronica di esprimere ogni altro parametro audio, che può essere il fuoco, la spazialità e soprattutto la coerenza del palcoscenico.

In altre parole, il risultato sarebbe si, un suono poco affaticante, ma inesorabilmente piatto, nei casi migliori, un esposizione orribilmente pompata in quelli peggiori.

Ecco perché i Forrest convincono.

Non suonano di loro, ma permettono semplicemente alle elettroniche di farlo come da progetto, prendendole letteralmente per mano senza mai apparire invadenti in nessun punto non solo della banda audio, ma anche su tutti gli altri parametri.

E’ come il piatto di uno chef.

Affinché convinca il palato ogni ingrediente va opportunamente dosato e sapientemente preparato.

Se uno solo di essi dovesse in qualche modo deficitare, tutto il lavoro viene inesorabilmente mortificato.